Quasi tutti noi, quando proviamo ansia, rabbia, tristezza, vergogna, senso di colpa, impotenza, e tutte le altre emozioni spiacevoli, vorremmo liberarcene, non provare quel dolore emotivo e le sensazioni fisiche che porta con sé.
Tu come gestisci solitamente le tue emozioni dolorose e la tua sofferenza?
Prova a pensarci un attimo ora…
Cerchi di controllarle, sopprimerle, non sentirle, scacciarle? Anche tu lotti contro il tuo dolore emotivo?
Immagina di alzarti una mattina e di trovare proprio davanti alla tua porta di casa un adorabile cucciolotto di tigre che miagola. Probabilmente porterai in casa il dolce gattone per tenerlo come animaletto domestico. Dopo averci giocato per un po’, visto che continua a miagolare, pensi che debba essere affamato. Gli dai da mangiare un pezzettino di carne cruda, sapendo che questo è ciò che le tigri amano mangiare.
Giorno dopo giorno, la piccola tigre diventa un po’ più grande. Nel corso di 2 anni, il pasto giornaliero della tua tigre passa da un pezzetto di hamburger, a una costata, a mezzo bue. Presto, il tuo piccolo animale non miagolerà più quando è affamato, ma ti ringhierà ferocemente contro ogni volta che vorrà mangiare. Il tuo piccolo animale carino e tenero è diventato una bestia feroce, incontrollabile e selvaggia, pronta a sbranarti se non ottiene quello che vuole.
Secondo l’ACT, la lotta al tuo dolore, alla sofferenza e alle emozioni difficili può essere paragonata a questa tigre immaginaria.
Ogni volta che cerchi di evitare o controllare il tuo dolore emotivo, gli dai forza, lo nutri, aiuti il tuo dolore-tigre a diventare un po’ più grande, un po’ più forte e un po’ più incontrollabile.
Nutrirlo in questo modo, ti sembra la cosa più prudente da fare: l’emozione-tigre ti ringhia ferocemente contro, dicendoti di nutrirla ogni volta che vuole o ti mangerà.
Allora tu gli dai da mangiare pensando di tenerla sotto controllo, ma in realtà è lei che con la paura controlla te.
Così, ogni volta che tu nutri il tuo dolore, cercando di controllarlo, di difenderti e tenerlo buono, stai aiutando il tuo dolore a diventare più forte, più intimidatorio e ad avere più controllo e influenza sulla tua vita.
Tu cerchi di controllare il dolore, in realtà è il dolore che controlla te.
C’è un’alternativa al controllo e all’evitamento delle emozioni difficili?
Certo! La Mindfulness e l’ACT ci aiutano a gestire la nostra sofferenza con modalità concrete ed efficaci che tutti possono imparare e che vedremo nel dettaglio.
Ma prima è fondamentale che tu capisca che puoi smettere di lottare perchè nel provare emozioni negative non c’è niente di sbagliato: è assolutamente normale e umano.
Ed è umano anche non volere provare dolore, e l’evitamento è una reazione naturale e funzionale per ogni essere vivente.
Infatti, il dolore in ogni sua forma ha una funzione, uno scopo: avvisarci, proteggerci salvaguardarci. A livello evolutivo, di sopravvivenza della specie e dell’individuo stesso, provare dolore, in particolare quello fisico, ci protegge dai pericoli, ci segnala che dobbiamo allontanarci o fare attenzione a quello che ci causa dolore. Pensa per esempio al fuoco: per l’uomo della preistoria, che inizialmente non conosceva il fuoco, era fondamentale provare dolore al contatto con esso. In questo modo, si allontanava subito istintivamente, prima di morire carbonizzato.
Per questo, la nostra innata, e quindi istintiva, reazione di difesa o lotta nei confronti del dolore e della sofferenza ci fa attuare comportamenti di evitamento o controllo anche nei confronti del dolore emotivo. Il problema è che questi comportamenti, nel caso del dolore psicologico, non sono funzionali: non riducono il dolore, ma lo aumentano.
Il trucco, per non essere sopraffatti dalle emozioni è essere disponibili a provarle.
Potrà sembrarti un paradossale controsenso, ma non c’è niente da fare: dobbiamo essere disposti a provare anche le emozioni negative, perchè non possiamo scegliere quali emozioni provare: se ti piace avere emozioni positive come gioia, soddisfazione, amore, devi essere disposto anche a provare tristezza, delusione, solitudine ecc.. come altro lato della medaglia.
Nota bene: essere disponibili non significa rassegnarsi e arrendersi alla sofferenza, ma provare a non nutrire il dolore, aggiungendone altro provocato dalla nostra lotta o evitamento.
Significa anche non cedere alla paura di non poter sopportare quelle emozioni difficili e spiacevoli.
Tutti noi, da quando siamo nati, abbiamo provato emozioni negative e dolorose e, nonostante questo, siamo ancora qua. E questo accade proprio anche per merito delle emozioni dolorose che abbiamo cercato di evitare: ci hanno insegnato qualcosa di utile su di noi, su di noi e gli altri e su di noi e il mondo.
La sofferenza è parte della vita umana: “patio ergo sum” cioè “soffro, quindi sono”.
Quando sto male, mi accorgo di essere vivo, allo stesso modo di quando provo emozioni positive.
Dopo aver compreso che le emozioni negative e dolorose non sono sbagliate, né tanto meno inutili, è possibile imparare a gestirle in maniera più efficace: rispondere in maniera diversa quando le proviamo, ridurre l’impatto della sofferenza nella nostra vita quotidiana, facendo in mondo che non siano le nostre emozioni a guidare noi stessi e il nostro comportamento.
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