Le nostre sofferenze sono sabbie mobili psicologiche

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Avete presente le sabbie mobili?
Le avrete viste in qualche film o in qualche viaggio, magari in Florida, nella Foresta Amazzonica, o qualcosa di simile anche più vicino, come lungo il delta del Po o alle Salse di Nirano.
L’insidia maggiore delle sabbie mobili non è quella di venire risucchiati dal fango, quanto piuttosto di non riuscire a venirne fuori.
Immaginate di essere andati a visitare uno dei luoghi menzionati prima e che capiti che un vostro amico finisca dentro le sabbie mobili, in una zona priva di rami o corde. Lui inizia ad agitarsi per cercare di liberarsi, come faremmo tutti quando ci sentiamo intrappolati in qualcosa che ci spaventa e terrorizza. Effettivamente, di solito muoversi, scappare e allontanarsi è un comportamento che funziona per uscire da un luogo indesiderato. Ma nel caso delle sabbie mobili non funziona così: più ci si muove, più si affonda.
L’unica soluzione è quella di smettere di agitarsi e dimenarsi, interrompere la lotta contro il fango, e lasciarsi andare. Stare con il fango e lentamente aumentare la superficie di contatto con esso. In questo modo si potrà galleggiare e muoversi delicatamente verso la salvezza.

Anche quando ci si trova in mare aperto, in balia delle onde, vale lo stesso principio: se ci agitiamo e ci muoviamo troppo, affoghiamo.
Se invece smettiamo di muoverci, galleggiamo delicatamente e l’onda arriva e poi se ne va.

Secondo l’ACT (Acceptance and Commitment Therapy), nella nostra vita ci può capitare di trovarci in situazioni simili all’essere intrappolati nelle sabbie mobili o in balia del mare mosso. Per esempio quando soffriamo, ci sentiamo sopraffatti dai problemi, bloccati nel prendere una decisione o fare una scelta, o spaventati da pensieri spiacevoli ed emozioni forti e difficili. Quello che facciamo di solito è cercare di scappare e liberarci, lottando contro questi pensieri, emozioni e sensazioni.
Non vogliamo soffrire è ovvio, chi vorrebbe provare dolore e sofferenza?

Prova a pensare all’ultima volta che hai sofferto, ti sei sentito intrappolato in un mare di pensieri ed emozioni, o bloccato nelle sabbie mobili di una decisione scomoda. Cosa hai fatto per uscirne?
Ti sei agitato pensando a qualche soluzione, hai cercato di resistere alle emozioni e di scacciarle?
Ha funzionato?

Nella maggior parte dei casi in cui ci sentiamo sommersi, queste azioni non funzionano.
La prossima volta che ti troverai in una situazione simile, potresti provare a stare con il fango, a non dimenarti, a galleggiare con le onde invece che contrastarle.
Potresti tentare inizialmente nelle situazioni non troppo spiacevoli, per es. quelle difficili “5” o “6” su una scala da 0 a 10. Magari quelle volte in cui hai solo un piede nelle sabbie mobili.
In questi casi, ci si libera semplicemente fermandosi, allungando una mano a toccare il piede e far passare aria intorno.
In tal modo, puoi imparare una modalità che potrai provare successivamente anche nelle situazioni più difficili e spiacevoli.

Quindi, fuori di metafora, se ti trovi in una situazione simile, puoi provare a fermarti un attimo, non opporre resistenza, spegnere l’interruttore della lotta e respirare.
Respira verso la parte del corpo che senti bloccata, intrappolata o in affanno. Allunga una mano verso quella parte e stai con la sensazione, stai nel fango, lasciati trasportare dall’onda e pian piano tornerai a galleggiare.

All’inizio non sarà facile, certo, non ci siamo abituati.
Però con la pratica e l’aiuto degli audio di meditazione, di qualche corso o percorso ACT, potrebbe diventare fattibile ed efficace. Perché non provare?

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